
CONCORDATO PREVENTIVO OMOLOGATO CON IL PAGAMENTO DELL’1% DEL DEBITO ERARIALE.
E’ del 9 aprile scorso la pronuncia del Tribunale di Napoli (decreto 2190/2021) destinata a cambiare le sorti delle procedure di risoluzione della crisi (concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, transazione fiscale) nel nostro Paese.
Il Tribunale partenopeo, infatti, applicando per la prima volta le modifiche introdotte alla Legge Fallimentare dalla L. 159 del 27/11/2020 (di conversione del D.L. 125/2020), ha omologato il concordato preventivo proposto da una società di somministrazione di lavoro, che prevede il pagamento dell’ingente debito erariale nella misura dell’1% del totale e nonostante il voto contrario di uno dei creditori.
In particolare, con il decreto n. 2190/2021, si è ritenuto meritevole di approvazione una proposta concordataria che ha ricevuto il voto favorevole dell’Agenzia delle Entrate direzione regionale Lazio, che a fronte di un credito di € 608.957.912,97 ha accettato il pagamento di circa 7 milioni di euro (così aderendo alle indicazioni contenute nella circolare 34/E/2020), la mancata espressione di voto dell’Agenzia delle Entrate direzione regionale Campania (per un credito complessivo di € 69.668.253,92), ed il voto contrario di INPS, nonostante lo stesso fosse determinante per il raggiungimento delle maggioranze richieste per legge.
Con il detto provvedimento, i Giudici della Tribunale fallimentare napoletano, a fronte del mancato raggiungimento della maggioranza richiesta per l’omologa, hanno espletato un’attività surrogatoria nei confronti dell’Ente previdenziale, ritenendo che la somma offerta dalla società proponente era superiore a quella che sarebbe stata ottenuta dai creditori a seguito di liquidazione forzata del patrimonio della debitrice.
La richiamata L.159/2020 ha, infatti, apportato rilevanti e sostanziali modifiche alle norme che disciplinano il conteggio delle maggioranze necessarie per l’omologa del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, introducendo espressamente la regola del “silenzio – assenso” dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali (artt. 180 – 182 bis L.F.), nonché la possibilità di omologa per il Tribunale quando, dalla relazione attestata, emerga la convenienza della proposta rispetto alla prospettiva liquidatoria.
In materia di transazione fiscale (art. 182 bis L.F.), invece, è stata modificata la norma che ora consente lo stralcio dei crediti tributari e previdenziali chirografari per declassazione (cioè la percentuale residua non pagata come credito privilegiato).
Questi interventi normativi rispondono positivamente ad una problematica evidenziatasi in numerose procedure di risoluzione della crisi, ovvero l’inerzia dei creditori qualificati (amministrazione finanziaria, enti previdenziali, enti di riscossione), nonostante la preponderanza dei loro crediti nell’ambito del passivo complessivo o, ancora, la volontà negativa (soprattutto da parte dell’INPS), a prescindere dalla convenienza della proposta, comportamenti che spesso hanno pregiudicato il buon esito delle procedure stesse.
La richiamata pronuncia del Tribunale di Napoli, quindi, apre scenari fino a qualche mese fa inimmaginabili, rendendo accessibili le procedure di risoluzione della crisi ad un numero crescente di aziende, che potranno affrontare con maggior fiducia le possibili situazioni di crisi finanziaria, specie in presenza di esposizioni debitorie rilevanti nei confronti dei creditori qualificati.

10 COSE DA SAPERE SUL CONCORDATO PREVENTIVO
1) Il concordato preventivo è il principale strumento di risoluzione della crisi riservato alle imprese soggette alla declaratoria di fallimento, ovvero tutte quelle che, nei tre esercizi precedenti alla proposizione della domanda, abbiano superato anche uno solo dei seguenti parametri: attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo superiore ad € 300.000,00, ricavi lordi complessivi annui superiori ad € 200.000,00, debiti anche non scaduti superiori ad € 500.000,00. Sono esclusi, in ogni caso, gli enti pubblici e gli imprenditori agricoli.
2) Con la domanda di concordato può essere proposta ai creditori la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti mediante qualsiasi forma ritenuta utile a fronteggiare la situazione di crisi. E’ possibile, a tal fine, prevedere, ad esempio, la decurtazione della somma dovuta, la dilazione di pagamento, la cessione di beni o l’attribuzione di azioni o quote della proponente in favore dei crediti, l’attribuzione delle attività del debitore istante ad un soggetto terzo, con accollo da parte di quest’ultimo del pagamento dei debiti.
3) Il concordato preventivo può prevedere la soddisfazione dei crediti mediante la ripartizione di quanto ricavato dalla liquidazione di tutti i beni aziendali (c.d. concordato con cessione dei beni o liquidatorio), oppure mediante l’attribuzione degli utili generati dalla prosecuzione dell’attività (c.d. concordato in continuità), o, ancora, mediante l’intervento di un soggetto terzo che, in cambio dell’acquisizione dei beni aziendali, si obblighi a pagare le passività (c.d. concordato con assuntore). Nella prassi è oramai usuale la proposizione di domande di concordato che prevedono la coesistenza di diverse delle anzidette forme di soddisfazione del ceto creditorio (c.d. concordato misto).
4) La domanda di concordato preventivo va proposta al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sua sede principale e deve essere corredata da una relazione aggiornata della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa, da un elenco analitico dei creditori e dei titolari di diritti reali e personali sui beni aziendali, nonché da un piano contenente la descrizione dettagliata delle modalità e dei tempi necessari all’adempimento delle obbligazioni concordatarie. La domanda, inoltre, deve essere accompagnata dalla relazione di un soggetto terzo, il c.d. Professionista attestatore, iscritto nel Registro dei revisori legali e munito dei requisiti per essere nominato curatore fallimentare, che attesti la veridicità dei dati aziendali forniti dal debitore e la concreta fattibilità del piano proposto.
5) Il piano concordatario può prevedere che i creditori siano suddivisi in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei e ad ogni classe può essere riservato un trattamento diverso, purché ai creditori muniti di privilegio anteriore venga assicurato un trattamento migliore rispetto a quelli con grado di privilegio posteriore.
6) La legge fallimentare non prevede che la proposta debba contenere una percentuale minima di pagamento, potendosi offrire anche ai creditori privilegiati la soddisfazione non integrale di quanto dovuto, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione del patrimonio aziendale. L’unico limite è quello previsto per i creditori chirografari nel concordato “in continuità”, ai quali non può essere offerto il pagamento di una percentuale inferiore al 20% dell’intero credito.
7) Dopo un esame della regolarità formale della domanda di concordato preventivo, il Tribunale nomina un Commissario giudiziale, ovvero il professionista delegato a gestire la procedura ed a supervisionare il regolare adempimento delle obbligazioni concordatarie, e fissa la data per l’adunanza dei creditori, in occasione della quale gli stessi possono esprimere il proprio voto sulla proposta ricevuta. Il concordato è approvato con il voto favorevole della maggioranza dei crediti e, in caso di presenza di classi, se tale maggioranza si verifica nel maggior numero di classi.
8) Dopo il deposito in Tribunale, la domanda di concordato viene pubblicata nel Registro delle Imprese e da tale data vige il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, sino a quando il decreto di omologa del concordato preventivo diventi definitivo. Analogo effetto ha la pubblicazione della domanda di concordato con riserva (o “in bianco”), ovvero quella con il quale il debitore esprima la volontà di esperire la procedura di risoluzione della crisi, riservando di depositare in un termine indicato dal giudice, compreso tra 60 e 120 giorni, la proposta dettagliata, il piano e tutta la documentazione prescritta per legge.
9) Durante lo svolgimento della procedura di concordato il debitore conserva l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa sotto la vigilanza del Commissario nominato dal Tribunale. Tutti gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (es. alienazione di beni immobili, concessioni di garanzie, mutui, transazioni, ecc.) devono essere espressamente autorizzati dal Giudice Delegato, a pena di inopponibilità ai creditori. In caso di proposta concordato con cessione di beni, la liquidazione del patrimonio aziendale viene curata da un Commissario liquidatore nominato dal Tribunale, unitamente ad un comitato costituito da tre o cinque creditori.
10) In caso di approvazione, e successiva omologa, della proposta di concordato, al Commissario giudiziale è demandato il compito di verificare il regolare adempimento delle obbligazioni concordatarie e riferire al Tribunale in caso di mancata esecuzione del piano. In caso di inadempimento del debitore, il Tribunale, anche su richiesta dei creditori, può disporre la risoluzione del concordato e, ricorrendone i presupposti di legge, dichiarare il fallimento del debitore stesso.